MAHMOOD MONEY SEMISTER REVIEW
MAHMOOD MONEY SEMISTER REVIEW
Photo Source: Antonino Rampulla
Diciamola tutta: non avrei scommesso un solo euro sulla vittoria di Mahmood al Festival di Sanremo. Non tanto per la lontananza del brano proposto dai canoni tipici della canzone sanremese, quanto semplicemente perché non credevo potesse piacere al tal punto. In realtà il verdetto popolare (tramite il televoto) avrebbe premiato l’artista Ultimo, tuttavia la giuria demoscopica (ossia un campione di 300 abituali fruitori di musica), la giuria della Sala Stampa (formata cioè dai giornalisti accreditati) e la giuria d’Onore (composta sia da esperti del settore, sia da vip che con la musica non c’entrano proprio nulla…), ha decretato la vittoria di Soldi di Mahmood.
Il cantante Ultimo, tramite un video recentemente postato su Instagram, avrebbe in buona sostanza gridato allo scandalo per l’arbitrario principio della preminenza popolare rispetto alle tre giurie di fatto maggiormente determinanti per l’assegnazione della vittoria.
Tuttavia a un paio di giorni dalla conclusione del festival, non solo Soldi risulta il brano più ascoltato su Spotify e iTunes ma scala posizioni anche nelle classifiche internazionali. In altre parole, le tre giurie ci avrebbero azzeccato: oggi Soldi risulta il brano più popolare d’Italia.
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A uno sguardo distratto dell’“albo d’oro” del Festival di Sanremo, emerge un’evidenza (o meglio, la scoperta dell’acqua calda…): i gusti popolari cambiano. E cambiano più o meno di pari passo col grande calderone della moda popolare. Che vuol dire “non essere alla moda” o “essere fuori moda”? Prendendo in prestito alcune “suggestioni” filosofiche, dal punto di vista della spersonalizzante e deresponsabilizzante massa che fa ciò che si fa e pensa ciò che si pensa, significa non-essere-nel-mondo-condiviso, essere-fuori-dal-mondo. Per chi segue la moda popolare, chi veste fuori moda non passa inosservato: viene quasi percepito con diffidenza, come elemento potenzialmente destabilizzante. La moda è la celebrazione dell’appartenenza sociale.
Così l’apprezzamento collettivo di un brano musicale, a prescindere dal soggettivo giudizio “estetico”, diviene un rito di reciproco riconoscimento sociale.
Per assurgere a questo ruolo, una canzone deve innanzitutto avere i requisiti per essere popolare e la ricetta di massima è: testo immediato e coinvolgente, armonia e ritmo semplici e orecchiabili. Ad esempio, con buona pace di Ivano Fossati, che cantava il brano Canzone popolare, la sua (per me) sublime Confessioni di Alonso Chisciano, mai e poi mai sarebbe potuta diventare una canzone popolare (sospetto però che non avesse mai ambito a tal traguardo…)
Per la sagra delle ovvietà, diciamo anche che chi produce musica ha interesse a smerciarla. A parte etichette sperdute di nostalgici duri e puri, per le “famigerate” Major la musica è merce: più è popolare, meglio è. È marketing, baby!
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Soldi è una canzone popolare? Le classifiche dicono di sì. Le classifiche dicono anche che i giovani oggi ascoltano soprattutto hip hop, trap, derivati e affini, generi oggi per forza di cose popolari.
Lungi da me la tentazione di sciorinare giudizi generalizzanti su interi filoni musicali dei quali non ho nemmeno una conoscenza approfondita. Tuttavia, da appassionato e musicista dilettante, rivendico il diritto di esprimere un giudizio, con i metri derivanti dalla mia conoscenza della materia, del brano di Mahmood, nella consapevolezza che da adolescente mi fiondavo in pista (non in quel genere di pista…) alle prime note (anche se forse è un po’ esagerato definirle “note”) di Pass The Toilet Paper. E ho detto tutto. Oggi i miei eterogenei ascolti non disdegnano qualche nostalgico capitolo di quella dance anni ’90 tanto di moda durante la mia adolescenza, tuttavia quando cerco di prendermi più sul serio spazio dalla classica di Bach, al cantautorato di Battiato, al rock progressivo dei Porcupine Tree ma anche a proposte rock e metal contemporanee. In altre parole, ascolto tutto e non ho alcun preconcetto. Mi è concessa facoltà di giudizio sul pezzo che ha vinto Sanremo? È altresì percorribile anche quell’antropologico relativismo culturale per cui, in soldoni, non si può dire nulla su ciò che non appartenga alla cultura d’appartenenza, in quanto imbevuti dei suoi pregiudizi (teoricamente, quindi, non si potrebbe nemmeno condannare l’infibulazione…) Quindi, poiché poco avvezzo al godimento di questo nuovo filone musicale, esprimerei un giudizio analogo a quello di mio nonno sul rock, ossia brutto perché nuovo e diverso rispetto alla canzonetta di una volta (semi cit.)
Tuttavia io non sono affatto persuaso che tra questo nuovo filone musicale e i generi “vecchi” ci sia una tale distanza da appartenere a mondi differenti. Penso ad esempio alla musica classica dodecafonica, ma pur sempre vincolata a regole armoniche e ritmiche determinate, rispetto al salto concettuale del jazz con la blue note e soprattutto con l’indeterminatezza dello swing: in questo caso, sembra di avere a che fare col rapporto tra la meccanica classica e la meccanica quantistica… Questo nuovo filone mi sembra invece assolutamente intellegibile con i parametri “vecchi”. Non vedo alcuna rivoluzione, anzi…
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Supposto di aver acquisito il diritto alla parola, questa è la mia soggettivissima recensione di Soldi di Mahmood, senza alcuna pretesa di oggettività e consapevole dello scarso gradiente di condivisibilità. Sul testo ho poco da dire: non mi sembra che abbia una particolare complessità filosofica ma almeno non tedia col racconto della solita crisi amorosa. L’ascolto risulta piacevole (oltre che alle mie AKG K240 MkII…) grazie a una produzione di primordine, curata in ogni particolare: complimenti al sound engineer. È impiantato sulla classicissima alternanza di strofa-ritornello col collaudato bridge che precede il ritornello finale. Il problema di fondo, sempre a mio modestissimo modo di vedere, sta sulla monotonia armonica: in altre parole già dopo circa un minuto il brano si sarebbe potuto tranquillamente concludere ma si trascina per altri due minuti senza aggiungere nulla di nuovo. Almeno il giovane artista (o chi per lui) ha avuto il buon senso di non eccedere troppo i tre minuti. Il tanto di moda sub-bass è mutuato dalla vecchia drum’n’bass. Tutto è quantizzato a gogo: nessuna sfumatura “umana” per intenderci. Ma si tratta in fin dei conti di elettronica in cui tutto è programmato e nulla è realmente suonato. Ma chi non lo fa al giorno d’oggi! Gli Opeth? (Ma che c’entra! Umpf…) Non stupisce quindi l’importante utilizzo di auto-tune o melodyne, così per dare un colpo al cerchio (correzione d’intonazione) e uno alla botte (quell’effettino tipico a mo’ di singhiozzo, anche questo tanto di moda). Brano sui 100 bpm chiaramente vocato al ballo. Complessivamente un buon brano, adatto alla mia playlist per un unico passaggio perché Mahmood mi sta simpatico…
E poi, mai dire mai: i gusti cambiano, anche se io sono sempre stato fuori moda…
Vi saluto con uno scontatissimo de gustibus non disputandum est con la speranza di non essermi attratto troppe antipatie!

P.S. Non è un caso se nel logo dell’Agricamping Sophia ci siano un chitarrista e un batterista sotto l’albero!

P.P.S. Non ero a "accreditato" a Sanremo, quindi non ho foto di mia proprietà più all'uopo... Pardon!
Text Source: Antonino Rampulla
ARCHIVE NEWS
CART RUTS CUT FROM QUARRIES CART RUTS CUT FROM QUARRIES
Back to CART RUTS AND A FEW TOO MANY PROJECTIONS I will skip any preamble, referring to what has already been written regarding the presence of cart ruts in south-eastern Sicily. The easy academic tendency has been, in most cases concerning cart ruts, to consider them in terms of the latomie, or quarries, with which very often (for example in the cases of the Targia or Pizzuta districts) they share the same territory. According to this theory, the carraie would have been indirectly created due to the wear of the rock at each passage of carts or sleds loaded with extracted stone blocks. I will not repeat the arguments presented so far in order to demonstrate that this is a theory that has little solid foundations on an in-depth analysis of the cart ruts. However, I will add a piece by demonstrating the implausibility of a connection between them in both chronological and functional...
CART RUTS AND A FEW TOO MANY PROJECTIONS CART RUTS AND A FEW TOO MANY PROJECTIONS
Read also THE POLISHING OF THE CART RUTS I will skip any preamble, referring to to what has already been written regarding the presence of cart ruts in south-eastern Sicily.Considering the possibility that the cart ruts were gradually dug by the passage of carts pulled by pack animals, for example pairs of oxen, observing certain sections of the cart ruts present in the Granatari Vecchi district, in Rosolini, and in the Pizzuta district, close to the Vendicari Reserve, two questions arise: 1. Why force the animals to pass over rough surfaces and protrusions high, compared to the base of the furrows, even 60-70 centimeters? 2. Why, in the presence of such obstacles, not opt for a detour? For Mottershead, Pearson and Schaefer such protrusions appeared later, since at the time of the passage of the wagons, a layer of earth covered the rocky bank, thus not making the obstacle...
THE POLISHING OF THE CART RUTS THE POLISHING OF THE CART RUTS
Read also THE PROBLEMATIC EDGES OF THE CART RUTS I will skip any preamble, referring to to what has already been written regarding the presence of cart ruts in south-eastern Sicily. To proceed with this comparison I have chosen a probable capital and the corner of a recess present in a block of the northern walls of Eloro that would seem to resemble a pinax, that is, a niche that would have housed a fresco of the heroa, but which a more careful observation refers to a system functional to the grip of the block through a pincer winch. Both elements, like the curt ruts, have remained at the mercy of the elements for millennia, and are therefore subject to comparable wear and tear due to the passage of time. The finishing of the capital should be of a high standard, since it is an architectural element that also has an aesthetic function. The recess, on the other hand, should have...
THE PROBLEMATIC EDGES OF THE CART RUTS THE PROBLEMATIC EDGES OF THE CART RUTS
I will skip any preamble, referring to to what has already been written regarding the presence of cart ruts in south-eastern Sicily.As can be seen in other sites around the world, in some cart ruts I visited, in particular in the Cugni district in Pachino, in the Granati Vecchi district in Rosolini and in the Targia district in Syracuse, a clear border can be seen, a sort of frame, next to the grooves, more marked externally, barely noticeable internally. The borders I measured have a width of 14-20 centimeters and a height of 8-10 centimeters. Not all cart ruts have such frames present or particularly evident, regardless of the degree of wear or degradation. They are found above all in cart ruts with less deep grooves. As already described in detail, given the presence of furrows with a depth of even 65-70 centimeters, the wheels of a possible vehicle would have had to have a...
THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART FOUR) THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART FOUR)
Click here to return to third part Clapham Junction As in the Maltese site Misrah Ghar Il-Kbir, also in the Targia and Granatari Vecchi districts the cart ruts intersect and cross each other in a similar way to the track switches in a railway station. The nickname Clapham Junction that was given by David H. Trump to the Maltese site, derives precisely from the similarity with the famous English railway station. For Sagona these are agricultural furrows and water channels, for Mottershead, Pearson and Schaefer these are abandoned paths due to obstacles and wear. Obviously we do not know what the morphology of the Syracuse and Rosolini territory was at times when the cart ruts were traced, but considering the current context, there certainly would have been no agricultural reason to build them, given the presence of fertile land, springs and fresh water courses just a few kilometers...
THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART THREE) THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART THREE)
Click here to return to SECOND PART Considerations on the theses of Mottershead, Pearson and Schaefer I find this study extremely interesting, even if I am perplexed by this emphasis on the loss of hardness of the wet rock given that Malta is among the European territories at greatest risk of desertification (as is unfortunately also the south-eastern area of Sicily). We don't know exactly what the climate was like in Malta when the cart ruts were made, as we don't even know for sure how old they were made. However, it might be understandable to take the humidity factor as a starting point. n strong consideration, in relation to a territory constantly subject to rainfall, but why would the ancient Maltese have had to intensely travel with loaded carts right after a downpour, with all the inconveniences that for example the mud would have entailed? The Maltese territory is...
THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART TWO) THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART TWO)
Click here to return to FIRST PART The Greek chariot In relation to the faithful reconstructions of the tools used at the time, recently made in Selinunte and in Valle dei Templi, and in comparison with Study of a Roman Cart by Paola Miniero, the axles of Greek carts of the time had to be no higher than half a meter from the ground and the gauge (i.e. the distance between one wheel and the other) had to measure between 140 and 150 centimeters. They had to plausibly be pulled by at least a pair of pack animals (as represented in the numerous numismatic and artistic testimonies that have come down to us) and have wooden but iron-shod wheels. Another reference for estimating the gauge is the width of two oxen side by side: the width of an ox is about 70-80 centimeters, so the minimum gauge between one wheel and the other, to maintain a certain stability, had to be at least 140...
THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART ONE) THE PROBLEM OF CART RUTS IN SOUTH-EASTERN SICILY (PART ONE)
Who I am Rereading the final draft of what I have written, I think it is appropriate to spend a few lines to introduce myself. I am Antonino Rampulla, owner of the agri-campsite whose website hosts this blog, a graduate in philosophy, with a growing passion for archaeology, born from curiosity for the archaeological sites of which, in particular, south-eastern Sicily is rich. Certain of my substantial ignorance on the subject, I try to make up for it by studying in my free time. However, not infrequently, I happen to come across historical certainties, academically shared, that clash a bit with what logic seemed to suggest to me from the observation of some details of the archaeological sites visited. So, simply, I ask myself questions and, with the most scientific approach possible, I try to look for answers. The result is the pretext to search for information, study and publish in...