Diciamola tutta:
non avrei scommesso un solo euro sulla vittoria di Mahmood al Festival di Sanremo. Non tanto per la lontananza del brano proposto dai canoni tipici della canzone
sanremese, quanto semplicemente perché non credevo potesse piacere al tal punto. In realtà il verdetto popolare (tramite il televoto) avrebbe premiato l’artista Ultimo, tuttavia la
giuria demoscopica (ossia un campione di 300 abituali fruitori di musica), la
giuria della Sala Stampa (formata cioè dai giornalisti accreditati) e la
giuria d’Onore (composta sia da esperti del settore, sia da
vip che con la musica non c’entrano proprio nulla…), ha decretato la vittoria di
Soldi di Mahmood.
Il cantante Ultimo, tramite un video recentemente postato su Instagram, avrebbe in buona sostanza gridato allo scandalo per l’arbitrario principio della preminenza popolare rispetto alle tre giurie di fatto maggiormente determinanti per l’assegnazione della vittoria.
Tuttavia a un paio di giorni dalla conclusione del festival, non solo
Soldi risulta il brano più ascoltato su Spotify e iTunes ma scala posizioni anche nelle classifiche internazionali. In altre parole,
le tre giurie ci avrebbero azzeccato: oggi
Soldi risulta il brano più
popolare d’Italia.

A uno sguardo distratto dell’“albo d’oro” del Festival di Sanremo, emerge un’evidenza (o meglio, la scoperta dell’acqua calda…):
i gusti popolari cambiano. E cambiano più o meno di pari passo col grande calderone della moda popolare. Che vuol dire “non essere alla moda” o “essere fuori moda”? Prendendo in prestito alcune “suggestioni” filosofiche, dal punto di vista della spersonalizzante e deresponsabilizzante
massa che
fa ciò che si fa e
pensa ciò che si pensa, significa non-essere-nel-mondo-condiviso, essere-fuori-dal-mondo. Per chi segue la moda popolare,
chi veste fuori moda non passa inosservato: viene quasi percepito con diffidenza, come elemento potenzialmente destabilizzante. La moda è la celebrazione dell’appartenenza sociale.
Così l’
apprezzamento collettivo di un brano musicale, a prescindere dal soggettivo giudizio “estetico”, diviene un
rito di reciproco riconoscimento sociale.
Per assurgere a questo ruolo, una canzone deve innanzitutto avere i requisiti per essere
popolare e la ricetta di massima è: testo immediato e coinvolgente, armonia e ritmo semplici e orecchiabili. Ad esempio, con buona pace di Ivano Fossati, che cantava il brano
Canzone popolare, la sua (per me) sublime
Confessioni di Alonso Chisciano, mai e poi mai sarebbe potuta diventare una canzone popolare (sospetto però che non avesse mai ambito a tal traguardo…)
Per la sagra delle ovvietà, diciamo anche che
chi produce musica ha interesse a smerciarla. A parte etichette sperdute di nostalgici duri e puri, per le “famigerate”
Major la musica è merce: più è popolare, meglio è. È marketing, baby!
Soldi è una
canzone popolare? Le classifiche dicono di sì. Le classifiche dicono anche che
i giovani oggi ascoltano soprattutto hip hop, trap, derivati e affini, generi oggi per forza di cose popolari.
Lungi da me la tentazione di sciorinare giudizi generalizzanti su interi filoni musicali dei quali non ho nemmeno una conoscenza approfondita. Tuttavia,
da appassionato e musicista dilettante, rivendico il diritto di esprimere un giudizio, con i metri derivanti dalla mia conoscenza della materia, del brano di Mahmood, nella consapevolezza che da adolescente mi fiondavo in pista (non in quel genere di pista…) alle prime note (anche se forse è un po’ esagerato definirle “note”) di
Pass The Toilet Paper. E ho detto tutto. Oggi i miei eterogenei ascolti non disdegnano qualche nostalgico capitolo di quella
dance anni ’90 tanto di moda durante la mia adolescenza, tuttavia quando cerco di prendermi più sul serio spazio dalla classica di Bach, al cantautorato di Battiato, al rock progressivo dei Porcupine Tree ma anche a proposte rock e metal contemporanee. In altre parole, ascolto tutto e non ho alcun preconcetto. Mi è concessa facoltà di giudizio sul pezzo che ha vinto Sanremo? È altresì percorribile anche quell’antropologico
relativismo culturale per cui, in soldoni, non si può dire nulla su ciò che non appartenga alla cultura d’appartenenza, in quanto imbevuti dei suoi pregiudizi (teoricamente, quindi, non si potrebbe nemmeno condannare l’infibulazione…) Quindi, poiché poco avvezzo al godimento di questo nuovo filone musicale, esprimerei un giudizio analogo a quello di mio nonno sul rock, ossia
brutto perché nuovo e diverso rispetto alla
canzonetta di una volta (semi cit.)
Tuttavia
io non sono affatto persuaso che tra questo nuovo filone musicale e i generi “vecchi” ci sia una tale distanza da appartenere a mondi differenti. Penso ad esempio alla musica classica dodecafonica, ma pur sempre vincolata a regole armoniche e ritmiche determinate, rispetto al salto concettuale del jazz con la
blue note e soprattutto con l’indeterminatezza dello
swing: in questo caso, sembra di avere a che fare col rapporto tra la meccanica classica e la meccanica quantistica…
Questo nuovo filone mi sembra invece assolutamente intellegibile con i parametri “vecchi”. Non vedo alcuna rivoluzione, anzi…

Supposto di aver acquisito il diritto alla parola, questa è la mia soggettivissima recensione di
Soldi di Mahmood, senza alcuna pretesa di oggettività e consapevole dello scarso gradiente di condivisibilità. Sul testo ho poco da dire: non mi sembra che abbia una particolare complessità filosofica ma almeno non tedia col racconto della solita crisi amorosa. L’ascolto risulta piacevole (oltre che alle mie AKG K240 MkII…) grazie a una produzione di primordine, curata in ogni particolare: complimenti al
sound engineer. È impiantato sulla classicissima alternanza di strofa-ritornello col collaudato bridge che precede il ritornello finale. Il problema di fondo, sempre a mio modestissimo modo di vedere, sta sulla monotonia armonica: in altre parole già dopo circa un minuto il brano si sarebbe potuto tranquillamente concludere ma si trascina per altri due minuti senza aggiungere nulla di nuovo. Almeno il giovane artista (o chi per lui) ha avuto il buon senso di non eccedere troppo i tre minuti. Il tanto di moda
sub-bass è mutuato dalla vecchia
drum’n’bass. Tutto è quantizzato a gogo: nessuna sfumatura “umana” per intenderci. Ma si tratta in fin dei conti di
elettronica in cui tutto è programmato e nulla è realmente suonato. Ma chi non lo fa al giorno d’oggi! Gli Opeth? (Ma che c’entra! Umpf…) Non stupisce quindi l’importante utilizzo di
auto-tune o
melodyne, così per dare un colpo al cerchio (correzione d’intonazione) e uno alla botte (quell’effettino tipico a mo’ di singhiozzo, anche questo tanto di moda). Brano sui 100 bpm chiaramente vocato al ballo.
Complessivamente un buon brano, adatto alla mia playlist per un unico passaggio perché Mahmood mi sta simpatico…
E poi, mai dire mai: i gusti cambiano, anche se io sono sempre stato fuori moda…
Vi saluto con uno scontatissimo
de gustibus non disputandum est con la speranza di non essermi attratto troppe antipatie!
P.S. Non è un caso se nel logo dell’Agricamping Sophia ci siano un chitarrista e un batterista sotto l’albero!
P.P.S. Non ero a "accreditato" a Sanremo, quindi non ho foto di mia proprietà più all'uopo... Pardon!
IDIOTA IMPOSTA DI SOGGIORNO
Mentre si parla di abbattimento del cuneo fiscale e di aiuti alle imprese come incentivo alla creazione di posti di lavoro, la scarsezza politica locale decide in controtendenza di aumentare le tariffe dell’imposta di soggiorno. Dovremmo stendere un perpetuo tappeto rosso al turista che viene a spendere soldi per dormire, mangiare, visitare i musei, affollare le strutture balneari, perché (bisogna proprio essere intellettivamente ipodotati per non comprenderlo…) se le imprese sopravvivono, non solo possono tranquillamente pagare le già esose IMU, TARI e addizionali varie ma, di riflesso, possono pagare i propri dipendenti affinché questi stessi paghino i loro oboli…E invece no! Turista, vuoi venire a visitare ciò che attiene al nostro territorio comunale? Allora ti puniamo! Ecco qua una bella tassa (nel nostro caso) di 2 euro e 50 centesimi a notte (per un massimo di 6 notti)...
COME TI RISANO IL BILANCIO COMUNALE A SPESE DEI TURISTI. SOLO CHE PER LEGGE NON SI PUÒ FARE…
Dal 24 novembre 2022, il Comune di Noto ha pensato bene di “rimodulare” l’imposta di soggiorno per risanare il bilancio comunale. Da una forbice che fino alla scorsa stagione estiva andava da 1 € a 2 € per un massimo di 4 notti consecutive, il Consiglio Comunale tramite la Delibera n.57 del 24/11/2022, è stato “costretto” ad aumentarla da 2,5 € a 5 € per un massimo di 6 notti.
Proporzionata e graduale?
Ovviamente il problema non si pone per chi è disposto a pagare 200 o 300 euro a notte al centro di Noto o per il vip di turno. Tuttavia per una coppia di studenti che paga 20 euro per pernottare in tenda a luglio, 5 € in più rappresentano il 25% dell’importo, così come per una famiglia con due figli sopra i 14 anni che, nel medesimo periodo, per quanto ci riguarda, pagherebbe realisticamente 39 € per il pernottamento e 10 € per l’imposta di...
CRONACA DELLA PULIZIA DELLA SPIAGGIA DI MARZAMEMI E LETTERA A UN IDIOTA
Il 17 maggio 2022, i ragazzi del progetto Erasmus "Think Green", organizzato dall’associazione "Attiva-Mente" di Modica, insieme ai ragazzi de L’Albero della Vita di Pachino, si sono incontrati per ripulire la spiaggia di Marzamemi, in contrada Spinazza, da tutto ciò che non rientra esattamente nelle categorie di conchiglie, sabbia o alghe. Armati di sacchi e guanti hanno quindi battuto ogni metro quadrato di spiaggia pubblica, riempiendo numerosi sacchi di rifiuti di ogni tipo (sembra evidente che i bagnanti abbiano convinzioni errate sulle proprietà biodegradabili di vetro e plastica). Io e Gaetano, in qualità di accompagnatori, ci siamo imbucati nella piacevole attività di raccolta e, tra un tubo di lavandino rotto e una bottiglia vuota di birra del discount, di tanto in tanto ne approfittavamo per scattare qualche foto (lui) e dilettarci in bracciate in stile più che libero...
DAL “PANI I CASA” ALLA “SCACCIA”: GENESI DI UNA PIZZA SICILIANA
U pani i casa
Conservo vividi ricordi d’infanzia in cui “scendevamo” in Sicilia, a Pachino, per passare le lunghe vacanze estive con i nonni, durante le quali ho avuto più volte il piacere di assistere a uno di quei riti sociali dal sapore antico, tramandato chissà da quante generazioni, comune a gran parte delle famiglie siciliane di cultura rurale: la preparazione del pani i casa.
Fino alla fine degli anni ’80, a casa dei miei nonni, con l’ausilio di mia madre prima e di mio zio poi, il pani i casa veniva fatto con frequenza settimanale, poi molto più di rado, fino al quasi completo abbandono dell’abitudine (probabilmente per il diffondersi di panifici sempre più a portata di mano o, semplicemente, per l’evolversi di diversi modi di vita). Nel racconto di mia nonna vi è il tono nostalgico dell’antico, dei sapori di una volta che, per definizione dogmatica,...
SOLO PROPAGANDA? RIFLESSIONI SU UN’INVASIONE
Scrivo questo terzo post sulla guerra in Ucraina come pretesto per la mia personale esigenza di approfondire, per comprendere un evento dopo il quale il mondo sarà certamente, in un modo o nell’altro, radicalmente diverso. La difficoltà, fin da quando, lo scorso anno, sono cominciati a spirare concreti venti di guerra, è stata cercare di intercettare le informazioni più “oggettive “ possibili. La metafora è la recente strage di Bucha: non solo i russi negano che siano responsabili le proprie forze armate ma sostengono perfino che sia tutta una montatura ucraina (e occidentale) per screditarli. L’“operazione speciale” di Putin sarebbe scattata su richiesta dei russofoni del Donbass, rispetto ai quali Kiev, dal 2014, avrebbe addirittura pianificato un genocidio: a questo punto tenderei piuttosto a credere agli osservatori dell’OSCE, di cui ho già scritto in un...
UCRAINA: FAR FINTA SOLO DI SAPERE COSA NON FARE
Le migliaia di persone che ieri sera, 24 febbraio 2022, hanno affollato le piazze delle principali città russe per protestare contro l’invasione dell’Ucraina, consapevoli di rischiare soppressioni e arresti (puntualmente avvenuti), sono portatrici della più forte presa di posizione critica ed etica di questi disgraziati giorni. È l’evidenza di quanto le arbitrarie strumentalizzazioni storiche, pericolose perché se divenissero accettata usualità giustificherebbero qualunque velleità di dannunziana memoria (comprese le rivendicazioni cinesi di Taiwan), siano considerate folli anche da una buona porzione di popolazione russa.La questione urgente da risolvere riguarda le regole del relativismo.
Proferendo solo di ciò di cui ho diretta memoria (avendone personalmente vissuto tutta la narrazione mediatica), mi chiedo quale sia “eticamente” la differenza tra le...