DAI COCCODRILLI NELLE FOGNE DI NEW YORK ALLA BRUCIATURA DELLE TEGLIE IN FERRO BLU
DAI COCCODRILLI NELLE FOGNE DI NEW YORK ALLA BRUCIATURA DELLE TEGLIE IN FERRO BLU
Fonte Foto: Antonino Rampulla
Se, come noi dell’Agricamping Sophia, sei appassionato di pizze in teglia e focacce, ti è certamente giunta notizia o hai casualmente letto delle miracolose doti di cottura delle leggendarie teglie in ferro blu. Per curiosità, complice anche il lockdown a causa del Covid-19, ne abbiamo acquistato un paio, per uso privato, da produttori diversi. Essendo al corrente, tramite la frequentazione di forum specializzati e la lettura di una miriade di articoli in rete, della fantomatica bruciatura che dovrebbe essere un’operazione preliminare necessaria per dare il via libera al loro utilizzo, ci siamo acriticamente prodigati nel seguire alla lettera una delle guide scovate fra i primi risultati di Google. L’esito? Tanto fumo, odore di olio bruciato in tutta la casa e due teglie apparentemente rovinate. Immediatamente consultati i forum di cui abbiamo accennato, la diagnosi è che avremmo probabilmente utilizzato troppo olio… Qualcosa però non ci tornava: com’è possibile che un po’ d’olio extravergine d’oliva, la cui temperatura non supera i 190° durante l’ebollizione, sia sufficiente a rovinare delle teglie fatte per stare dentro un forno (ne caso specifico, domestico) se il processo di bluitura si otterrebbe a circa 310°?
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Facciamo un passo indietro. A che dovrebbe servire la bruciatura?

A eliminare le sostanze residuali (l’olio minerale) di produzione e a creare un’antiaderenza naturale tramite la cristallizzazione o vetrificazione dello strato d’olio bruciato, a più riprese e a relativamente alte temperature progressive.

Prima considerazione: vada per l’eliminazione dell’olio minerale ma quest’antiaderenza non dovrebbe già essere uno dei risultati della bluitura? A questo punto, se l’antiaderenza dovessimo produrla noi tramite quest’altra fantomatica cristallizzazione o vetrificazione dell’olio alimentare, che senso avrebbe acquistare una teglia in ferro blu?

Seconda considerazione: qual è la differenza tra l’olio incrostato di una padella o di una friggitrice o del vetro del forno e la cristallizzazione/vetrificazione dell’olio che andrebbe bruciato in una teglia blu?

Terza considerazione: e se tante teglie di ferro blu in commercio fossero teglie in comunissimo acciaio con uno strato di sintetico antiaderente?
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Cos’è il ferro blu?

In gergo tecnico è definito blu di laminazione o acciaio bluito. Si tratta di una lamiera di acciaio dolce (ossia con basso contenuto di carbonio) sottoposta a una temperatura di circa 310° e rapidamente raffreddata, processo tramite il quale l’acciaio si ossida in magnetite (Fe3O4) anziché in ossido rosso, cioè ematite (Fe2O3), ottenendo così sfumature blu e viola. Tale ossidazione è stimolata da un getto di vapore ad altissima temperatura. Oltre a ferro blu è sovente definito anche ferro fiammato, ferro sfumato, ferro bruciato o ferro nero calamina. Il blu è quindi l’iridescenza derivante da uno strato di ossido che a sua volta funge da antiossidante contro la ruggine: essendo già ossidato non può ossidarsi ulteriormente.

A cosa serve nelle teglie?

Teoricamente serve a raggiungere molto rapidamente la temperatura impostata da termostato, a causa della riduzione della riflettanza, ossia dell'effetto specchio (che avviene non solo per la luce ma anche per il calore): riflettendo meno calore, lo assorbe più rapidamente. La bluitura conferisce quindi alle teglie in ferro blu una termoassorbenza superiore a teglie in acciaio inox o alluminio. Il risultato pratico è una pizza o focaccia con una crosta alla base più spessa e croccante.

Mai bagnare il ferro blu con acqua?

La bluitura è una protezione per passivazione: il metallo si autoprotegge con il proprio stesso ossido. Tuttavia è sufficiente un difetto strutturale (ad esempio un graffio) dello strato di magnetite per innescare un’ossidazione ematitica. L’ossidazione dell’alluminio anodizzato (passivato artificialmente) è invece molto più stabile: si corrode solo a contatto con altri metalli a causa dell’innescarsi di correnti galvaniche ma, se si graffia, lo strato d’ossido si ricrea immediatamente. Le teglie in alluminio anodizzato, ad esempio, non temono il contatto con l’acqua. Chi ha fatto lo scout o il militare si ricorda certamente delle gavette in alluminio col loro tipico colore grigio opaco: quello è alluminio anodizzato. In altre parole il problema non è bagnare la teglia in ferro blu ma bagnarla in presenza di graffi tramite i quali l’acqua possa infiltrarsi e innescare un’ossidazione ematitica. Anche far riposare per molto tempo un lievitato su una teglia in ferro prima della cottura (in gergo, appretto) può, a causa dell’umidità intrinseca del lievitato, essere problematico. L’alternativa al rischioso lavaggio con acqua è la più sicura unzione con olio alimentare che, fungendo da ulteriore antiossidante, la preserva dalla ruggine. Dal punto di vista igienico sono comunque sufficienti le alte temperature di cottura e la rimozione dello sporco tramite carta da cucina. In ogni caso, se si presentasse un avvio di ossidazione è sufficiente bagnare la parte con dell’aceto alimentare (ad esempio, aceto di vino o di mele), lasciarlo agire e infine strofinare delicatamente con carta da cucina.
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In conclusione, probabilmente la stragrande maggioranza delle teglie spacciate per ferro blu in commercio sono comunissime teglie in acciaio dolce con uno strato di sintetico antiaderente (lo stesso delle padelle acquistabili al supermercato). Il cosiddetto processo di bruciatura non ha alcuna giustificazione scientifica tranne che per eliminare l’olio minerale residuo. Durante la bruciatura è inutile ungere la teglia con dell’olio poiché o la teglia è realmente in ferro blu o presenta uno strato sintetico antiaderente. Nel nostro caso specifico è impossibile che un’ossidazione prodotta a 310° si alteri tra 190° (temperatura di ebollizione dell’olio) e 250° (temperatura massima di un forno domestico con termostato funzionante). Non è vero che il ferro blu, se strutturalmente integro, non debba vedere acqua e detergente. L’importante è asciugarlo immediatamente e attenzionare con aceto qualunque avvio di ossidazione. Nel caso in cui, come noi, cadeste nella leggenda metropolitana della bruciatura rovinando l’antiaderenza (supposto che non siano in vero ferro blu), sappiate che le teglie sono recuperabili con l’eliminazione dello strato di antiaderente rovinato tramite carta vetrata fine, avendo cura di eliminare pazientemente tutta la parte rovinata e di non intaccare la parte non rovinata.

Ringraziamo il nostro carissimo amico Ing. Filippo Cucinotta per la consulenza tecnico-scientifica e il Dott. Corrado Rampulla per le stimolanti dritte avanguardistiche.
Fonte Testo: Antonino Rampulla - Filippo Cucinotta
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